Rendere i dialoghi semplici, leggibili
e naturali non è facile.
I tuoi personaggi dovrebbero avere una serie di caratteristiche per essere “di spessore”.
Devono anche parlare, però, ed è qui che casca l’asino: non è semplice rendere i dialoghi facili da seguire e verosimili, ma ci sono dei consigli pratici che posso darti per migliorare pian piano, nel tempo.
C’è anche un’altra cosa da aggiungere: per scrivere dialoghi di un certo spessore ci vuole talento, ma puoi affinare teoria e tecnica per raggiungere risultati comunque ottimi.
ASCOLTARE CHI TI STA INTORNO
La prima regola per rendere dei dialoghi inventati più verosimili è banale: ascolta chi hai intorno. Le intonazioni, il modo di esprimersi, le parole più pronunciate o evitate, le costruzioni sintattiche usate nelle diverse situazioni (discussione formale, informale, amichevole, animata…) .
Questo servirà a molte cose.
Intanto ti renderà eclettico: pensando a diverse persone reali, potrai costruire il tuo personaggio (e i suoi dialoghi) in modo complesso.
In secondo luogo, riuscirai a capire quando un dialogo è naturale e quando non lo è, a orecchio.
A OGNUNO IL SUO REGISTRO
Cerca di non rendere i dialoghi tutti uguali per ogni personaggio.
Fagli usare un certo registro e magari assegnagli determinate parole ricorrenti.
Caratterizzane il modo di esporre le idee, lasciando che usino particolari esclamazioni o modi di dire, o semplicemente dando ad alcuni un registro più formale, ad altri più colloquiale.
L’importante, insomma, è che non parlino “con lo stampino”, perché darebbe al lettore l’idea che sia sempre il narratore, per voce dei suoi personaggi, a parlare.
Ricorda di cambiare registro anche rispetto alla situazione: un uomo, o una donna, non parleranno nello stesso modo mentre tengono una lezione all’università, o appena dopo aver fatto l’amore con il proprio compagno.
Allo stesso modo un bambino che gioca non parlerà nello stesso modo di un dipendente in banca allo sportello, di un postino mentre consegna le lettere o di un soldato in guerra.
Non è così banale come sembra!
RILEGGI AD ALTA VOCE I DIALOGHI
Sì, proprio ad alta voce.
Gettati a capofitto nel tuo personaggio e prova ad impersonarlo. Non importa che tu sia un pessimo attore, l’importante è focalizzarsi sul dialogo.
Questa rilettura ad alta voce, da fare dopo tre o quattro riletture silenziose, ti permetterà di verificare molte cose, tra cui la punteggiatura e le pause del dialogo, oltre ovviamente alla sua naturalezza.
REGISTRA E ASCOLTA I DIALOGHI
Se la rilettura ti lascia insoddisfatto, puoi registrare il dialogo mentre lo leggi e poi riascoltarlo.
Questo è un metodo eccezionale per capire quando un dialogo o alcune sue parti suonino male, siano scritte in modo artificioso e poco naturale o altro ancora, perché lo sentirai dall’esterno.
DIALOGHI verosimili, non reali
C’è bisogno di sapere anche un’altra cosa mentre analizzi i tuoi dialoghi.
I dialoghi scritti e inventati non devono essere uguali alla realtà, devono solo sembrare reali. Tutti noi, ogni giorno, riempiamo il parlato di errori grammaticali, interiezioni, versi, usi dialettali della lingua e chi più ne ha più ne metta.
Ciò non significa che un dialogo, per essere verosimile, debba essere come nella realtà. Immaginate che noia leggere un dialogo zeppo di “ah”, “eh…”, costruzioni arzigogolate, parole dialettali, usi poco convenzionali di alcuni verbi o espressioni!
Su questo punto possono aiutarti anche i film e le serie tv. Anche in quel caso i dialoghi sono verosimili e non reali, sebbene in ambito cinematografico entrino in scena altri fattori, come la dizione e l’intonazione, che a uno scrittore non interessano (o interessano in parte, nelle descrizioni).
Dopo il dialogo… sintagma di legamento
Esistono diversi tipi di dialogo: nei botta e risposta, il narratore non entra in scena perché i personaggi sono due e dopo aver fatto capire chi inizia a parlare e chi risponde, non c’è bisogno d’altro; nei dialoghi in cui il narratore entra in scena (perché più complessi, con più personaggi o perché ne descrive i gesti), si usano i sintagmi di legamento: il loro Re è il nostro caro “disse”.
Io ti consiglio di usare quasi sempre il “disse”, perché cercando di cambiare continuamente verbo anche il lettore, alla fine, capirà che c’è qualcosa di strano.
Tutti noi ci siamo così abituati al “disse” che nemmeno ci facciamo caso, e continuiamo la lettura in modo naturale e fluido. Se cominciassimo a riempire il romanzo di sintagmi diversi, l’effetto sarà tutt’altro che positivo: provare per credere!
Ciò non toglie che di quando in quando si possa specificare che un personaggio parli a bassa voce usando “sussurrò”, o che parli in modo brusco con “sbottò” e via discorrendo. Bisogna però centellinare questi sintagmi e usarli solo quando davvero necessari e quando aggiungono qualcosa alla narrazione.
Dopo il dialogo… evita l’ovvio ed il superfluo
Non specificare il tono o il modo in cui un personaggio parla se è già chiaro dal dialogo stesso.
Se usi la parola “vaffanculo” o “cazzo” all’interno del dialogo, è superfluo ricordare al lettore che il personaggio è stato volgare, non trovi?
Lo stesso vale per qualsiasi altra cosa; in una richiesta come: “Ti prego, vieni qui” è ovvio che il personaggio sta supplicando, quindi è inutile aggiungere “supplicò”.
Una delle revisioni autonome dovrebbe mirare a eliminare tutto il superfluo e l’ovvio, e dopo i dialoghi di solito se ne annida tanto, soprattutto in prima stesura.
Per il dialogo… usa i caporali
Avevo già accennato la questione nell’articolo sulla punteggiatura: per i dialoghi diretti è meglio usare i caporali, cioè « e » piuttosto che le virgolette alte o l’imitazione dei caporali usata da molti esordienti << e >>.
Bene, per ora parti da questi consigli, il miglioramento arriverà pian piano. Ci sono altre cose da dire sui dialoghi, niente però di così “generico” da poter essere utile a chiunque.
Nel caso avessi bisogno di me o dei miei servizi, sai dove trovarmi.
Buona scrittura!
3 risposte a “I dialoghi nella scrittura creativa”