Usare la punteggiatura in modo corretto
e conoscerne gli usi creativi
è fondamentale per uno scrittore
Un buon libro di grammatica è solo l’inizio: conoscere la teoria è importante, ricordi? Non basta solo quella, però.
Oltre alla correttezza formale, è importante giocare con la creatività, osare, e formare un proprio stile (a proposito, la punteggiatura è un elemento di stile).
Adesso voglio fornirti degli spunti pratici per cominciare a capire e sperimentare cosa può funzionare per te e cosa vuoi invece evitare.
Ti darò anche dei consigli, un po’ come faccio con i clienti che scelgono il servizio di editing. La differenza è che questi saranno consigli generici e non mirati, per ovvie ragioni.
Fai pure di queste parole ciò che vuoi: il mio obiettivo è farti migliorare e se questo articolo ti aiuterà in qualche modo, anche solo parziale, sarò felice di averlo raggiunto.
A cosa serve la punteggiatura?
- Definisce il ritmo della narrazione;
- Definisce la naturalezza dei dialoghi e il loro tono;
- È essenziale per comunicare sensazioni ben definite ai lettori.
Molto utile questo excursus tecnico dell’Accademia della Crusca, che ti consiglio di leggere con calma quando avrai voglia.
Ora bando alle ciance: passiamo alla scrittura creativa!
Il punto
È una pausa forte. Attenzione all’aggettivo: forte.
Questo significa che l’uso smodato del punto renderà un testo spezzettato, singhiozzante, che il lettore si annoierà presto a leggere.
L’uso troppo moderato del punto, d’altro canto, rende un testo faticoso da leggere, perché si avrebbe la sensazione di correre nella lettura e di farlo tutto d’un fiato. Senza considerare il fatto che senza punto non si può andare a capo, il che renderebbe il tutto un cosiddetto “muro di testo”.
A meno che tu non voglia sfracellarti contro un altro tipo di muro (la critica del lettore), non farlo.
E allora? Come usarlo? Con moderazione, ma non troppa.
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Se vuoi dare la sensazione che la tensione salga, usa molti punti, frasi brevi e concise. Questa è un’ottima tecnica per scene concitate o d’azione.
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Se vuoi rallentare il ritmo e calmare sia i tuoi personaggi che il lettore, usane di meno e procedi a velocità sostenuta e regolare, come se ti trovassi nella corsia centrale dell’autostrada.
Ottima tecnica per scene tranquille e lunghe, o in descrizioni di luoghi e personaggi, in cui è meglio favorire l’uso delle virgole e di altri segni d’interpunzione.
La virgola
È una pausa breve. Attenzione all’aggettivo: breve.
Usare solo le virgole crea periodi infiniti che non si ha il fiato di leggere e dà vita a piattezza espositiva: ne verrebbe fuori una sorta di elenco di frasi senza legame. Usarle nel modo giusto, d’altro canto, permette di comunicare al lettore esattamente quello che intendi. Ed è questo che vuoi, no?
Un po’ di teoria non ti farebbe male, ma non voglio risultare noioso e mi limiterò a qualche cenno. Nel caso tu voglia approfondire, contattami e ti indicherò qualche buon libro di grammatica. Altrimenti, usa il web (ma i libri di grammatica sono meglio, te lo assicuro).
Beh, dove eravamo? La virgola non va mai inserita tra:
- Soggetto e predicato
- Verbo e complemento oggetto
- Un nome e un suo aggettivo
La virgola ha un uso molto ampio, ma non è sempre questione di stile. Va usata:
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Quando tra due frasi c’è un’interruzione lieve sul piano del contenuto o della forma;
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Per separare frasi coordinate tra loro per asindeto, cioè senza congiunzione;
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Nelle enumerazioni di frasi, nomi o aggettivi, fino a quando non c’è una congiunzione finale;
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Per creare incisi (lo dico, io, che ti devi fidare di me) e dopo un’interiezione (Ahi, che male!).
Mi preme dirti un’altra cosa prima di chiudere: per l’amor di qualsiasi cosa in cui tu creda, usa la virgola dopo i vocativi (e anche prima, se non è a inizio frase)! È obbligatorio!
Com’è che si dice, da un po’ di tempo? Una virgola può salvare una vita.
“Vado a mangiare nonna”.
“Vado a mangiare, nonna”.
Il punto e virgola
È una pausa intermedia. Attenzione all’aggettivo: intermedia.
Esattamente a metà tra la virgola e il punto.
Purtroppo nella fase di semplificazione stilistica che stiamo vivendo oggi, questo è un segno di punteggiatura snobbato perfino nei manuali di grammatica.
Nella pratica, dicono, può essere sostituita dal punto fermo: è più che altro una questione stilistica. Di certo, usandola, il tuo stile non ne risentirà.
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Si usa quando tra due frasi c’è un’interruzione forte sul piano della forma (potrebbero essere autonome), ma non c’è interruzione forte sul piano del contenuto;
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Quello che viene detto dopo è fortemente legato a ciò che è stato detto prima;
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Per separare due coordinate complesse e lunghe, che non possono essere separate da una virgola (perché lo stesso fiato non basterebbe, nella lettura) né da un punto, perché non c’è un cambiamento radicale di contenuto.
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Nelle enumerazioni complesse (quando non si tratta di un elenco di nomi o aggettivi, ma di un elenco di frasi complesse che contengono virgole).
I due punti
Segnalano ciò che segue, cioè che illustra o dimostra quello che è stato appena affermato. Puoi usarli per introdurre una spiegazione, un chiarimento; per introdurre un discorso diretto, o un elenco.
Se il tuo protagonista è sicuro di una cosa, non scrivere sempre perché. Metti i due punti: è più facile ed elegante!
Usalo anche quando dai una spiegazione descrittiva (o un approfondimento) a quanto appena accaduto.
Il punto interrogativo e il punto esclamativo
Sul primo c’è poco da dire, è obbligatorio nel caso di un’interrogazione (una domanda). Sul secondo le cose si fanno appena appena più complicate.
Usalo per indicare stupore o meraviglia, paura o rabbia.
Entrambi questi punti sono pause forti, non lo dimenticare.
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Se usi il verbo dichiarativo “domandare”, usa il punto interrogativo nel dialogo;
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Se usi il verbo dichiarativo “esclamare”, usa il punto esclamativo nel dialogo;
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Personalmente, sconsiglio l’uso combinato “?!” (va sempre prima l’interrogativo) se non in casi eccezionali.
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Se usi il verbo dichiarativo “urlare” il punto esclamativo non è obbligatorio, ma consigliato;
Cosa importante nell’era di internet e della scrittura poco attenta: se ne mette sempre e comunque uno per tipo, non importa quanto i tuoi personaggi stiano urlando, quanto siano arrabbiati o indignati.
Uno solo.
Uno!
I punti di sospensione
Sono una pausa più forte del punto.
Indicano che il discorso rimane in sospeso, non concluso; oppure un’esitazione. Che sia di imbarazzo, di minaccia, di allusione, di aspettativa… o di reticenza.
Attenzione a non abusarne nei dialoghi diretti: il tuo personaggio potrebbe cadere nel limbo dell’indecisione; ricorda anche che se il periodo prosegue, bisogna lasciare uno spazio, dopo i tre punti.
Che sono sempre e solo tre.
Le virgolette alte
Si usano in senso allusivo, per enfatizzare una frase o una parola, oppure per segnalarne l’uso “atipico”. Ormai si mima anche nel parlato, col gesto tipico del medio e dell’indice delle due mani che si piegano in simultanea.
A volte, nel caso dell’enfasi, possono sostituire il corsivo.
Evitale, se puoi, per i dialoghi diretti: ormai sono in disuso, per quella funzione. Ad oggi si usano molto di più le sergenti, o caporali (« e »).
Le parentesi tonde
Si possono usare per un inciso o una spiegazione. E sì, si possono usare anche in narrativa: questioni di stile. L’importante è che non ne abusi (quello è sempre un male).
Sperimenta.
Ma non troppo.
Bene, spero che l’articolo ti sia piaciuto o che, quantomeno, ti sia stato utile.
Un ultimo consiglio: per sperimentare bene la punteggiatura bisogna saper leggere e simulare le pause che intendevi inserire nella scrittura, proprio come se stessi parlando.
Quindi, soprattutto per i dialoghi diretti, ma anche per la narrazione, fermati a leggere e rileggere ad alta voce per capire se hai centrato l’obiettivo che ti eri prefissato.
Non mi resta che salutarti.
Se ti va, nelle categorie di articoli “Sulla scrittura” e “Tecnica narrativa” (di cui fa parte anche questo) potrai trovare altri consigli utili. Se invece cerchi informazioni editoriali, visita la categoria “Sull’editoria“.
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