Il miglior biglietto da visita per un esordiente
è evitare brutti errori grammaticali.
Già, perché oltre a presentare una buona sinossi all’editore di turno, converrebbe fare una buona revisione autonoma sul proprio testo per evitare il tipo di errori che spinge a saltare sulla sedia.
In quest’articolo ho fatto cenno al perché si dovrebbe fare e come (usando l’ottima funzione “Revisione” di Word e del controllo grammaticale, per esempio).
Oggi invece voglio concentrarmi sull’aspetto pratico della lingua.
Magari questo articolo non ti servirà molto sul momento, perché sono tutte cose cui fai ben attenzione o che già conosci; in ogni caso un ripasso è d’obbligo e ti potrebbe essere utile proprio in fase di revisione, anche per chi conosce la regola ma è alle volte poco attento (può capitare, ed è capitato, anche a me!).
Bando alle ciance, partiamo con gli errori più comuni degli esordienti o degli scrittori troppo distratti.
QUAL è o qual’è?
La risposta giusta è “qual è”, senza apostrofo. Lo ammetto, qualche volta ci sono cascato anche io per distrazione: cerca di fare attenzione.
Vale lo stesso per buon, tal, pover.
C’è o ce?
Hanno due funzioni diverse: la particella “ce” è un complemento di luogo o indica “a noi”; invece “c’è” è la voce del verbo esserci.
Accenti e troncamenti vari
Per i verbi, la regola è mettere l’apostrofo sull’imperativo (da’, fa’, va’, di’, sta’), cioè quando si intima un’azione (dare, fare, andare, dire, stare).
L’accento va al presente indicativo solo quando il verbo potrebbe essere anche qualcos’altro (ad esempio, il presente indicativo del verbo dare, dà, potrebbe essere anche la preposizione da).
Non è finita qui: in italiano “un po'” per dire “un poco” si scrive con l’apostrofo; sul sé va l’accento se sta a indicare “se stessi”, non va messo invece quando il “se” è congiunzione. L’accento può essere mancante quando si scrive “se stesso” e “se stessa”, perché è chiaro dal contesto che non si tratta di una congiunzione, ma non è un errore metterlo. Si può scrivere insomma sia “se stesso” che “sé stesso”.
Accento grave e acuto
In generale, mi capita spesso di leggere é al posto di è, caffé al posto di caffè e via discorrendo. Se non siete sicuri di un accento, andate a controllare su internet (ad esempio sulla favolosa Treccani) o sul vocabolario prima di fare brutti errori (e figure!).
si o sì
In caso di particella affermativa va sempre l’accento: sì.
Non va confuso con il “si” a valenza di pronome riflessivo atono di terza persona.
Ne o Né
Senza accento può avere la funzione di avverbio di luogo, pronome personale o partitivo, con l’accento indica una congiunzione che significa “e non”.
Parole in -zione
Non vanno mai due zeta: azione, gestazione, afflizione e via discorrendo.
APOSTROFO
Si apostrofano le parole al femminile, mai al maschile: un’occhiata, un uomo; un’altra, un altro.
PAROLE COMPOSTE
Controllate sempre le parole composte se non siete sicuri che vadano effettivamente attaccate o che abbiano funzioni differenti: mi basta fare l’esempio di “a fianco”, che significa “a lato”, e “affianco”, che è una voce del verbo affiancare!
Perchè o PERCHé
La risposta giusta è perché.
L’accento acuto va anche su tutti i composti di -che: dacché, checché, affinché, purché, eccetera.
Esistono molti altri errori comuni e se te ne dovessero venire in mente, condividili pure con me e con tutti gli altri.
Ricorda che avere cura del proprio testo è fondamentale per migliorare e per dimostrarsi un serio aspirante scrittore. Il consiglio più valido al riguardo è aver cura di controllare un termine, una parola o un modo di dire se non si è sicuri al 100% di quel che si scrive.
Ora ti auguro buona revisione e buona scrittura.
Se dovessi avere bisogno di un professionista al tuo fianco, sai dove trovarmi.
Al prossimo articolo!
Grazie per tutto!
Grazie a te, Eliana!